Anamnesi patologica prossima
Chissà quante volte Ognuno di noi si sarà sentito commentare dai Professori del Liceo, circa i temi svolti: “Buoni i concetti espressi ma con scarsa sintesi dei contenuti”.
Ecco: nella raccolta dell’ANAMNESI PATOLOGICA PROSSIMA, che è la parte più importante dell’Intervista, deve necessariamente prevalere la sintesi senza che vengano però meno i contenuti, affinchè chi legge possa comprendere appieno le diverse problematiche espresse al fine di individuare sapientemente le priorità di intervento.
Di fatto l’Anamnesi Patologica Prossima è l’elemento essenziale della Cartella Clinica per elaborare delle ipotesi e per l’adeguata pianificazione di un iter diagnostico.
Un formulario tradizionale, non scritto ma tacitamente trasmesso, prevede che si inizi con frasi del tipo: “Il Paziente riferisce di aver goduto buona salute fino al…..(segue una data)”, oppure “Il Paziente riferisce l’inizio della sua attuale sintomatologia al…..(segue una data)”.
Può darsi che un Paziente vi riferisca con esattezza un giorno o addirittura un’ora circa la comparsa di un sintomo, ma più spesso vi riferirà un periodo della sua Vita recente, che dovrà comunque essere precisato.
Il termine SINTOMO deriva etimologicamente, come al solito, dal greco e significa: evenienza; e si differenza dal termine SEGNO, sempre derivante dal greco (semeion = segno).
Ora: un sintomo lo riferisce un Paziente come una evenienza che ha mutato il suo stato di benessere, mentre un segno di malattia lo rileva un Medico durante un esame obiettivo, circostanziando talvolta quanto già notato dallo stesso Paziente (ad esempio la presenza di un nodulo o di una tumefazione).
Un sintomo, quindi, ha determinato un mutamento dello stato di salute di un Paziente, minando la sua fisiologica esigenza di benessere, per cui, per solito, viene descritto con completezza e dovizia di particolari, anche se talvolta conviene, da parte dell’Intervistatore, invitare il Paziente a correlare il Sintomo descritto con le diverse circostanze che possono averlo determinato oppure ad individuare possibili evenienze concomitanti, come, ad esempio, altri Sintomi concorrenti, ovvero una SINDROME (dal greco sun dromos = che concorre).
Ma….attenzione, perché, se ciò si dovesse evincere dall’Intervista, non dite al Paziente che è affetto da una…Sindrome, se no, non conoscendo il significato del termine, si spaventa, si riveste e se ne va, pensando di essere affetto da una malattia gravissima.
Per molti Pazienti un Signore con un camice bianco indosso, che chiamano Dottore, anche se magari è soltanto un giovane Studente di Medicina iscritto al terzo anno di corso, è più o meno simile a Mosè sceso dal Sinai con in mano le Tavole della Legge e pertanto qualunque cosa Egli dica viene intesa come una sorta di…oro colato, senza nemmeno conoscerne il significato.
Pertanto, e mi rivolgo ovviamente ai giovani Medici in formazione, pesate opportunamente le parole con le quali riempirete la Vostre domande da fare al Paziente e, se lo vedete perplesso, spiegate e fatevi comprendere.
Di un sintomo bisognerà quindi descrivere: – le caratteristiche, come ad esempio la tipologia di un dolore (gravativo, trafittivo, etc…); – l’intensità (lieve, forte, oppure in termini numerici come ad esempio per le scariche di una diarrea: tre volte al dì, etc…) – la modalità di insorgenza (ad esempio acuta ed improvvisa, o graduale; oppure sempre di notte o tendenzialmente a digiuno, etc…); – la concomitanza con normali atti fisiologici (come ad esempio mangiare o urinare o durante i cicli mestruali, etc…) – le possibili cause correlate con l’insorgenza (ad esempio un particolare movimento, l’assunzione di particolari cibi, etc…); – la durata (minuti, intere giornate, etc…); – la periodicità (ad esempio crisi settimanali); – la risoluzione (spontanea o a seguito dell’assunzione di farmaci); – la concomitanza con altri sintomi (ad esempio vomito e diarrea, oppure febbre (da valutare con un termometro apposito) e bruciore alla minzione, etc…); – l’evoluzione ovvero se il sintomo descritto sembra variare con il passare del tempo o peggiorare o comunque mutare in qualcuno degli aspetti descritti.
Nel tentativo di risolvere o di lenire alcuni sintomi il Paziente potrebbe quindi aver assunto farmaci in forma di automedicazione e bisognerà pertanto sapere quali, in quale quantità e l’effetto conseguente, annotando in cartella clinica la composizione chimica del farmaco e non il nome commerciale (ad esempio acido acetilsalicilico e non aspirina).
Talvolta l’effetto benefico di un farmaco assunto, seppur su base sintomatica (ovvero non ha influito sulla malattia in corso, bensì soltanto sull’andamento del sintomo), può aiutarci a comprendere meglio il tipo di sintomo riferito. Un esempio può essere quello di una sintomatologia dolorosa che diminuisca di intensità o addirittura sparisca a seguito dell’assunzione di un farmaco antispastico; segno della natura a tipo colica del dolore riferito.
In “medichese” aulico tale tipo di valutazione rientra nella locuzione latina “criterium ex adiuvantibus”, che in latino/romano contemporaneo sta per “anvedi, che c…! sto fatto me sta aiutà a capicce quarcosa” (traduzione, che vi farà comprendere lo potenza della sintesi: “Ah, non vedi, che fortuna! questo fenomeno mi giunge in aiuto affinchè io possa comprendere il divenire degli eventi”).
Il Paziente, secondo il Suo livello culturale, risponderà alle Vostre domande come sa e come può, spesso in maniera assai colorita sul piano terminologico; ma l’Intervistatore dovrà essere abile a tradurre, come più volte già detto, il lessico “pazientese” in corretta terminologia “medichese”.
Potrei farvi una serie interminabile di simpatici esempi ma, uno per tutti: per un Paziente che vi riferisca un dolore “a’ vucca ‘i l’anima” (letterale dal dialetto siciliano: “alla bocca dell’anima”) mentre indica con la mano la regione mediana superiore dell’addome, vi prego, non scrivete in cartella, avendo ben compreso l’idioma, “il Paziente riferisce la comparsa di un dolore alla bocca dell’anima”, sofisma di certo degno del miglior Platone, bensì “il Paziente riferisce la comparsa di un dolore in regione epigastrica”.
Ma fate attenzione! Scrivete soltanto la traduzione corretta del sintomo riferito e la sua eventuale corretta localizzazione, e non ditela al Paziente perché un banale mal di gola, descritto correttamente come faringodinia, potrebbe indurre qualcuno a…fare testamento; meglio lasciare il Paziente, almeno per il momento, “cor foco ner gargarozzo”.
Vi sono dei sintomi che sono uguali per Ognuno di noi; intendo cioè dire che il vomito è tale per tutti e potrà mutare per il contenuto, come la diarrea, che potrà mutare per il numero delle scariche giornaliere o il colorito delle feci.
Per altri sintomi invece vale la sensibilità e la sopportazione che per Ognuno di noi è quanto mai varia e personale.
Ci sono ad esempio Pazienti che definiscono di tipo moderato dolori che per altri sarebbero di forte intensità e, secondo me, hanno valore del tutto relativo eventuali scale numeriche (da 1 a 10, a teorica parità di dolore, qualcuno darebbe valore 8 e qualcun altro 5 per un dolore similare).
L’Intervistatore dovrà tuttavia descrivere con obiettività quanto il Paziente riferisce.
Bisognerà poi chiedere se, per la sintomatologia descritta, il Paziente ha richiesto l’intervento del proprio Medico di Medicina Generale o di uno Specialista oppure si è recato presso un Ospedale per un triage o un ricovero.
In tali casi bisognerà richiedere documentate informazioni, attraverso l’acquisizione di referti o cartelle cliniche, circa eventuali esami di laboratorio effettuati o esami strumentali e quindi conclusioni diagnostiche o iter terapeutici intrapresi durante ricoveri o a domicilio.
Tutto ciò dovrà essere riportato in Cartella Clinica anche, talvolta, in virgolettato, ad esempio per i referti istologici o per le conclusioni diagnostiche pregresse a seguito di ricovero.
E’ buona norma, prima di concludere una Anamnesi Patologica Prossima, introdurre un “Allo stato attuale…” in cui l’Intervistatore riassume lo “status” del Paziente proprio all’atto dell’Intervista, sempre nel rispetto di una valida sintesi.
“Il Paziente si ricovera quindi nel nostro reparto per gli accertamenti e le cure del caso”; a me facevano sempre concludere così una Anamnesi Patologica Prossima, ma Voi ovviamente concludete secondo la consuetudine che vi verrà indicata.
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